IL MONDO SIA LODATO | Franco Marcoaldi

IL MONDO SIA LODATO di Franco Marcoaldi

Estratto

Mondo, ti devo lodare
per la tua stregonesca magia
intrecciata all’incoscienza
dell’uomo – millenni
di storia hanno accumulato
un enorme sapere senza
che l’anima sia progredita
di un passo

e se un sasso
sarà sempre un sasso,
noi siamo sempre gli stessi
oppure individualmente diversi:
creature umorali
disperse in galassie infinite,
superbi prometei che sovvertono
le proprie e le altrui,
preziosissime vite –

esausti disillusi che vagano
queruli e annoiati, psicotici,
accecati dal disordine mentale,
poveri diavoli smarriti,
impostori travestiti da bramini,
fanatici infuriati.

Ma persiste sepolto un bagliore
e a quello m’appello,
Mondo, e ti torno a lodare

per il segreto che ancora
ti avvolge, per il pullulare
di polvere e polline
dentro un cono di luce
come onda di un campo.
E’ in quel tremolio,
in quella danza continua
che flette e che torce,
è nell’indeterminato vibrare
di forze in tensione,
è nel cacofonico coro
di un esteso presente
alieno a un’idea condivisa
di tempo e di spazio – è qui
che si addensa il reale,
potenza, energia, uno sciame
di grani che il caso
per accidente combina,
fuoriuscita dal seme celeste
di una gigantesca medusa
che si espande, dilata,
implode, s’incurva

perché la realtà
non è come ci appare

perché vista da fuori,
un fuori lontano, remoto
spaziale, risplende
e commuove la tua
bellezza globale.

« Earthrise, earthrise »,
mormorava rapito l’astronauta
orbitante nell’oscurità
dello spazio, affacciato
su un osso di calce lunare.
E vedeva la luce del mondo
– un blu universale –
e scattava le foto
che al fluttuante pianeta terrestre
avrebbe eretto
un cosmico altare.

Ringrazio quel desolato
balcone lunare e quella
impensata, siderea distanza:
troppi miracoli finiscono
persi quando ci avvitiamo
in inani manie, ridicole brame,
paranoie convulsioni pazzie.

Sospesi su ponteggi vacillanti,
ci sosteniamo con le nostre
fissazioni. Pur di distogliere
lo sguardo dall’incombente
abisso, ci rifugiamo
in raggelanti automatismi,
in penosissime ossessioni.

Sappiamo di portarci appresso
un fardello di nequizie, ma
l’ignavia, le coazioni, le pigrizie
sono monete opache e note,
ben più rassicuranti delle luci
abbacinanti e sconosciute
di un mondo che non offre garanzie.

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