4. Stare con quel che con quel che c’è per il tempo che ci vuole

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15 marzo 2057

Oggi è il mio compleanno. Compio 7 anni.  Nonnabis è venuta a trovarmi e mi ha fatto il regalo più bello che potesse farmi. In realtà è arrivata a casa senza nessun pacchetto, né piccolo, né grande, ed io lì per lì, a dir la verità, ci sono rimasta male. Ho pensato che se ne fosse dimenticata, ha più di cento anni ormai, anche se proprio non li dimostra e sembra  una bambina ogni giorno di più.

Mi ha solo chiesto  se avevo voglia di fare una passeggiata con lei nel bosco. Adoro andare nel bosco, ci sono sempre tante belle cose da vedere, annusare, toccare, mangiare, ascoltare. Lei poi ha un occhio particolare, ogni volta scova qualcosa di magico. Chissà cosa scopriremo oggi, ho pensato mentre ci dirigevamo verso il bosco dietro casa.

Abbiamo camminato per un bel po’, quasi sempre in silenzio, inoltrandoci sempre di più nella selva, fin dove io non ero mai stata neppure con mamma e papà. Nonnabis camminava con passo stabile e sguardo dritto in avanti, avevo l’impressione che sapesse esattamente dove andare. Mi teneva per mano, mi sentivo al sicuro con lei, anche se il bosco si faceva sempre più fitto e buio.

Ad un certo punto le ho chiesto: “Nonnabis dove stiamo andando? Se fossi da sola penso che sarei morta di paura, gli alberi si fanno sempre più fitti e i raggi del sole fanno fatica ad arrivare fin qui.”

“Ci siamo quasi. Ti ricordi la domanda che mi hai fatto l’altro giorno? Su come avevamo fatto al tempo del Corona Virus a stare separati così tanti giorni, quasi costantemente chiusi in casa. Come avete fatto a uscire dalla crisi? Ricordi che non ti risposi e che ti promisi di farlo in un altro momento?  Il momento è adesso. 7 anni sono un passaggio importante e quello che sto per rivelarti è un dono degno di tale traguardo. In realtà sono due doni, tienili cari per il resto della vita. Te li posso donare e te li offro con grande gioia perché hai avuto il coraggio di chiedere. E come diceva un grande Uomo tanto tempo fa: chiedete e vi sarà dato. Ecco siamo arrivati. Sediamoci qui”

Eravamo arrivate ad una grande quercia, l’unica in quel punto del bosco. Ai suoi piedi c’erano due piccole rocce piatte ricoperte di un morbido muschio di un verde intenso e caldo, distanti meno di un metro una dall’altra e con al centro dei magnifici ciclamini. Non li avevo visti prima. A volte penso che la nonnabis faccia delle magie o forse ha semplicemente un occhio allenato a scovare la bellezza intorno a lei.

Ci siamo sedute sulle rocce, una di fronte all’altra. La nonnabis mi ha detto di chiudere gli occhi e di immaginare di essere sola nel folto del bosco. Ho chiuso gli occhi e mi sono immaginata sola.
“Cosa senti?”
“Paura”
“Dove la senti?”
“Nello stomaco, è chiuso chiuso … e anche nella gola, è tutta stretta”. Sapevo perfettamente che nonnabis era con me e che non mi avrebbe mai lasciata. Ma avevo paura e quando ho paura non riesco neppure a usare la telepatia e a collegarmi con lei come sto imparando a fare.
“Resta un po’ con queste sensazioni, resta in contatto col corpo, respira. Stai, STAI CON QUEL CHE C’E’. Lascia che sia. STAI, stai con lo stomaco chiuso e con la gola stretta, Respira”.
Respiro. Sto. Non penso più al bosco, né alla nonnabis. Sto. Sto completamente con le sensazioni della paura nel corpo.
Respiro. Respiro. Respiro.
La gola si ammorbidisce un pò. Lo stomaco è chiuso.
Respiro. Respiro. Respiro. Sto con quel che c’è.

Mi sembra di entrare in un luogo dentro di me che non conosco. Un po’ stretto all’inizio. E’ buio.
Pian piano si fa sempre più grande. E’ sempre buio ma ho la chiara sensazione che si espanda e cominci ad illuminarsi qui e lì di piccole luci. Sembrano stelle. Ce sono sono ovunque adesso. Sono tantissime, brillanti, ognuna del suo proprio ed unico colore. Mi rendo conto di essere luce anch’io, simile e diversa da quelle intorno a me. E’ tutto un’armonia e una bellezza mai vista, eppure conosciuta. Sorrido, come può sorridere una luce. Sento Me e sento il Tutto e non c’è differenza. Pace. Amore. Armonia. Bellezza. Libertà.

Non so quanto tempo sia durato. Ad un certo punto ho sentito la voce calda della nonnabis, ho la sensazione che venga da molto lontano.
“Mudita, piano piano ritorna a sentire il tuo corpo”
Dolcemente ritrovo il respiro, sento le mie mani, sento i miei piedi a terra, l’appoggio sul morbido muschio.
“Resta ancora un po’ con gli occhi chiusi. Cosa senti? Come sta lo stomaco? Come sta la gola”
“Sento lo stomaco morbido, felice direi. E anche la gola è così libera che vorrebbe cantare di gioia” le rispondo mantenendo gli occhi chiusi. Mi era già successo altre volte, meditando la mattina con i miei compagni, dopo gli abbracci e prima delle attività artistiche, di sentirmi espansa e libera. Ma lì era dopo gli abbracci e ora ero partita da una brutta sensazione di paura.

“Fai qualche respiro e quando ti senti lascia che piano piano le palpebre si alzino e lascia entrare dolcemente le immagini del mondo esterno.” Quando ho riaperto gli occhi tutto era molto più luminoso e nitido di prima con il meraviglioso sorriso di nonnabis a darmi il bentornata. Ci siamo guardate a lungo negli occhi, dicendoci in silenzio molto di più di mille parole. Poi ci siamo abbracciate a lungo.

“Vieni, torniamo verso casa che la mamma e gli altri ci staranno aspettando per il pranzo di compleanno. Strada facendo ti racconto”.

Sulla via del ritorno la nonnabis mi narrò che per uscire dalla crisi del Corona Virus ogni persona dovette innanzi tutto fare i conti con se stessa. La paura, la vulnerabilità, la fragilità, la morte, la solitudine erano emozioni e stati d’animo che la società di allora aveva accuratamente evitato, sfuggito, schivato, scansato, tentato di cancellare dalla quotidianità. Quello stop improvviso l’aveva spinti a ritrovare autenticità con se stessi, con gli altri e con la Terra.

Per farlo usarono due potenti mezzi.
Il primo era stato quello che avevo appena sperimentato: Stare con quel che c’è, per il tempo che ci vuole senza scappare, senza giudizi, senza far finta, senza proiettarsi nel domani, né attaccarsi al passato. Stare con ogni emozione, anche quelle più spiacevoli. Stare con l’aiuto di  …
“Lo so – dissi a quel punto – il corpo e il respiro.”
“Esattamente: corpo e respiro. Strumenti magici che tutti abbiamo sempre a disposizione”
“Nonnabis grazie di avermelo insegnato. Lo stomaco e la gola erano veramente piccoli piccoli e duri e poi, stando, tutto si è trasformato. E’ stata come una magia.  Allora il primo strumento è “stare con quel che c’è per il tempo che ci vuole”. E il secondo?”
“Te lo racconto dopo pranzo. Siamo arrivate a casa ormai. A lavarci le mani e a tavola!”


Vieni a pranzo con noi? A casa nostra c’è sempre posto. E poi puoi sentire qual è stato il secondo mezzo che hanno usato.
Lavati le mani prima però!

QUI PUOI TROVARE LA VERSIONE AUDIO DI QUESTA FIABA

Foto di veeterzy su Unsplash

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NOTA. Questo racconto fa parte di una raccolta intitolata IL CORONA VIRUS RACCONTATO DAI NOSTRI BISNIPOTI. Ogni racconto può essere goduto separatamente o nell’ordine di narrazione:

1. Il coronavirus raccontato dai nostri bisnipoti
2. Fine della quarantena
3. Affacciamoci compagnia
4. Stare con quel che con quel che c’è per il tempo che ci vuole
5. Cuore e Cervello insieme
6. Una nuova fase

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