Il punto: fine o inizio?

Amo Kandinsky,  pittore russo, padre della pittura astratta. Mi attraggono le forme, i colori, la speciale astrattezza dei suoi quadri, il suo giocare con punti, linee e geometrie, la sua visione spirituale dell’arte.

Ne sono così affascinata che, dopo aver visto una mostra al Centre Pompidou di Parigi nel 2009, ho scelto di decorare quello che poi sarebbe diventato il mio studio prendendo ispirazione da un suo quadro.

Qualche anno più tardi mentre vedevo un’altra mostra al Palazzo Reale di Milano, mi sono imbattuta di un gruppo di bambini, di seconda o terza elementare, seduti a terra intorno ad una giovane guida. Erano così attenti e attivamente partecipi alla spiegazione che la novella Cicerone faceva dell’arte di Kandisky e dei suoi quadri che ho lasciato la dotta e asettica audio-guida per seguire l’allegro gruppetto. Seduti ai piedi di questo quadro con i bambini e un numero sempre maggiore di adulti, seguivamo affascinati il viaggio attraverso i colori, le forme e il pensiero di Kandisky guidati dall’amore e la conoscenza della giovane donna.

“Vedete quel punto nero in basso a destra? Kandisky voleva farci incontrare i punti, le linee e le figure libere dai loro ‘ruoli’. Il punto normalmente cosa rappresenta nel linguaggio scritto?”. “La fine” – dicono i bambini alzando la mano e parlando allo stesso tempo. “Vediamo cos’è nella pittura”  dice la guida porgendo un pennarello nero e una pagina bianca del suo blocco ad un bambino vicino a lei e invitandolo a fare un punto. “Il punto è il frutto del primo incontro fra il pennello/pennarello/matita e la tela/foglio/superficie. E’ l’inizio. Ed è fermo. Perchè se si muove cosa accade?” chiede la giovane donna al bambino che è rimasto col pennarello in mano, invitandolo a muovere il pennarello sul foglio. “Diventa una linea” dicono i bambini e pensiamo tutti noi adulti.

Allora il punto è l’inizio o è la fine?

Un piccolo passo verso la Gioia di Essere.

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