Il concetto di gentilezza è originariamente connesso all’idea di appartenente alla famiglia, al popolo. La gentilezza è intesa quindi come requisito indispensabile di socialità, che evoca l’idea di rispetto e aiuto reciproci, di cortesia, Marco Aurelio, imperatore romano dal 161 al 180 d. C., fu un cultore dell’umanità come espressione di bontà, benevolenza, rispetto, forza interiore e, appunto, gentilezza, la “più grande delizia dell’umanità” secondo lui.
Col Cristianesimo la gentilezza assume più un significato di carità. Durante il Medioevo il cavaliere è il gentile per eccellenza, dando alla parola sia una valenza spirituale e religiosa che laica nel senso di bontà d’animo, buona educazione, il valore militare e l’amore.
Molti secoli più avanti Jean Jacques Rousseau poneva questa domanda “Quale saggezza puoi trovare che sia più grande della gentilezza?” Poco tempo dopo Goethe affermava: “La gentilezza è la catena forte che tiene uniti gli esseri umani”
Ai nostri giorni non si può certo dire che la gentilezza sia “una delizia” diffusa. I toni e le parole dei mass media e della politica sono per la maggior parte tutt’altro che gentili, così come accade spesso anche nei mezzi pubblici o nel traffico.
Molto meno rumorosa e lontana dai riflettori esiste un’altra Italia, quella per esempio dei “muri della gentilezza” e dei sospesi. Cosa sono? I primi, sono muri che invece di dividere uniscono, ci si appendono abiti non più utilizzati da lasciare a chi ne bisogno, per permettergli di affrontare l’inverno in condizioni migliori. Nata a Napoli l’usanza del caffè sospeso (cioè lasciato pagato per chi ne ha bisogno o semplicemente per un futuro avventore) si è ormai diffusa in tutta Italia e in altri campi. Si possono ormai trovare sospesi gelato, giornale, pizza persino la cena.