Difforme dal senso comune – quando l’arte è guarigione

Da più di quarant’anni il tema della “liberazione della donna“, come si diceva a suo tempo, mi accompagna, mi stimola, mi rattrista, mi inquieta, mi mobilita, mi trasforma.

Tutto è iniziato negli anni ’70 con “Donna è bello” e “Io sono mia” nei gruppi di autocoscienza di via del Governo Vecchio e le manifestazione di piazza a Roma al grido di “Tremate, tremate le streghe son tornate”. La ribellione, la rivendicazione, la rabbia, il tempo contro.

C’è poi stata una lunga fase meditativa e interiore in cui Durga, Kali, Lakshi e Saraswati mi ispiravano aspetti e modi di un femminile trasceso e completamente diverso da quello che conoscevo. E’ in questo periodo che sono nati Sara e Daniele. L’essere mamma mi ha insegnato la cura, la dedizione, l’amore, la frustrazione, la fragilità, la gioia, la vulnerabilità.

Poi la Profezia della curandera mi ha portato a conoscere Hernàn Mamani e a frequentare tanti residenziali trasformativi con lui, a contatto con gli elementi, il ventre, la tradizione andina, i sensi, l’istinto. 

Nel 2013 sono tornata di nuovo in piazza, sotto il Colosseo, organizzando la prima edizione di One Billion Rising. Il corpo che danza, che si mostra per quel che è, per vivere, esistere, essere. Non più contro ma per

E ancora i cerchi di donne alla Luna piena, la Benedizione del Grembo, la formazione di Moon Mother.  Il femminile sacro, la sorellanza, il grembo, la ciclicità della vita di donna, la Menopausa, la Crona.

Ogni volta un aspetto, una caratteristica, un tipo di consapevolezza, di guarigione  e di cura ad un qualche livello: urlare rabbiosa, liberarmi e liberarci, trascendere, risvegliare, danzare ed esprimermi nel e con il corpo, la sacralità e la spiritualità.

Tanti anni, tante esperienze, tante emozioni, tante trasformazioni. Eppure non ho mai avuto la sensazione di aver contribuito in qualcosa di profondamente trasformativo e curativo come in questi giorni in occasione della performance Difforme dal senso comune – voci di donne dal manicomio di e con Monica Giovinazzi e un fantastico gruppo di donne di età, provenienza, professione, cultura e storia diverse e variegate. Un lavoro ispirato dal libro  “Luride, agitate, criminali. Un secolo di internamento femminile (1850-1950)” di Candida Carrino, in corso di stampa per la collana Studi storici della Carocci.

Dare voce e corpo e gesti alle donne rinchiuse perché “loquaci, irriverenti, incoerenti, stravaganti, ribelli, insolenti  ….” è stato molto più di una performance, molto più di uno spettacolo. 

E’ stato un profondo atto psicomagico di guarigione transgenerazionale. Non solo per Maria Lucia B., Clelia F, Saveria, Matilde C., Rosa, Maria Vittoria, Olga, le loro mamme e tutte le altre donne di cui abbiamo letto lettere, bollettini medici, referti. 

Un atto di guarigione trasgenerazionale per tutte le donne, di tutti i tempi, di tutto il mondo. Siamo state tutte recluse da qualche parte (manicomio, carcere, casa, harem, monastero, meccanismi interiori ….)  semplicemente perché difformi dal senso comune. Lo siamo ancora. 

Sento che con Difforme dal senso comune – voci di donne dal manicomio abbiamo aperto dei fori, socchiuso qualche uscio, spalancato qualche finestra in queste stanze di reclusione, dentro e fuori di noi. Respiriamo più agevolmente. Ci muoviamo. Diamo voce. Cantiamo. Siamo. Donne.

Il progetto continua con altri workshop e repliche in altri luoghi e città. Il gruppo e la forza stessa del progetto aumenta. Puoi partecipare anche tu!

Mentre scrivo vengo a sapere che ieri il famoso Palazzo Nardini di via del Governo Vecchio, chiuso da decenni e in vendita, è stato occupato da associazioni di giovani artisti. Sincronie.

Sono grata a Monica, a Silvia e a tutte le compagne di viaggio, alle spettatrici e agli spettatori di questa profonda esperienza.  Sono grata al coraggio e alla bellezza delle donne di tutti i tempi. Sono grata a me stessa e alla vita per avermi dato tanto.

Un piccolo passo verso la Gioia di Essere, la Gratitudine e l’Evoluzione.

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